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Educare per prevenire la violenza contro le donne

La torre dell’ERL si è nuovamente illuminata di arancione per la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

La partecipazione del nostro Comune alla ricorrenza internazionale è particolarmente sentita quest’anno. Qualche mese fa, infatti, una giovane donna di Losone è stata uccisa nella Svizzera tedesca e ancora una volta il sospettato è un uomo.

 

Dal 25 novembre per una settimana chi passerà vicino alle Scuole medie di Losone si troverà il cammino rischiarato dalla luce arancione della torre della centrale termica dell’ERL (Energie Rinnovabili Losone). Un colore che questa volta non vuole solo portare l’attenzione sulla violenza contro le donne, ma che è anche l’occasione per ricordare che la violenza conduce anche alla morte. 

 

L’arancio è un colore caldo che ci fa stare bene. Per le vittime di violenza vuole essere un simbolo di speranza che le cose andranno meglio, ma per tutte le altre e soprattutto per tutti gli altri dovrebbe essere un segnale d’allarme. Questo colore dovrebbe risvegliare in noi una forma di inquietudine. Che cosa si nasconde nell’animo dell’uomo? Che cosa lo spinge a far del male alle persone che sono a lui più care?

 

Se l’è cercata?

Infatti, mentre gli uomini sono vittime di violenza principalmente da parte di persone sconosciute in luoghi pubblici, la violenza contro le donne avviene soprattutto in ambito domestico o da parte di persone prossime.

 

Le statistiche criminali rilasciate dalla polizia ci ricordano che chi alza le mani è spesso un marito, un compagno o un ex-fidanzato. Tuttavia, il colpevole non appare quasi mai nelle cronache di queste violenze.

 

Il gruppo di ricerca Progetto STEP ha scansionato migliaia di articoli sulla violenza di genere e ha creato una mappa grafica con le parole più ricorrenti che trovate in questa pagina. L’hanno chiamata “Trova il colpevole”. Provate a cercare le parole: compagno, uomini, marito e uomo.

 

Trova il colpevole.

 

La violenza contro la donna è spesso una vicenda senza colpevole. È una tragedia che “accade”. Sembra quasi essere un tabù involontario di una società che si rifiuta di andare alla radice del problema. Si ha come la sensazione che la violenza contro le donne sottostia a regole diverse rispetto a quelle che usiamo per giudicare i comportamenti criminali in generale.

 

“Se l’è cercata”, “poteva andarsene prima”, “lo ha provocato”. Sono il genere di commenti che ogni tanto è capitato di sentire a tutti. E forse qualche volta sono persino sfuggiti a noi. Avessero preso a ceffoni un cane e probabilmente nessuno avrebbe osato neppure pensarle queste cose.

 

Una gerarchia di genere

Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. Inizia così il romanzo “Anna Karenina” di Tolstoj. Ogni episodio di violenza domestica è chiaramente unico in sé. Tuttavia, il fatto che le vittime in questo ambito siano principalmente le donne, dovrebbe farci riflettere.

 

Diversi studi hanno evidenziato come ci sia una connessione fra i sentimenti di gelosia e possessività dell’uomo e le situazioni di violenza contro le donne nelle coppie. Non che avessimo bisogno di una ricerca per averne conferma. Quante volte si giustifica così una violenza domestica? Si ha quasi l’impressione che la gelosia sia un sentimento che rende accettabile una reazione spropositata come se fosse una dichiarazione d’amore.

 

Invece è solo un'altra espressione di comportamenti di dominio e controllo. Sono atteggiamenti questi che possiamo far risalire a una pervasiva gerarchia di genere nella società, anche se non è più manifesta come un tempo.

 

Che cosa imparano bambine e bambini?

In generale siamo tutte e tutti convinti che l’uguaglianza fra uomini e donne almeno a un livello teorico sia stata raggiunta. Tuttavia, se riflettiamo un attimo sulla nostra quotidianità, la differenza di status è ancora percepibile.

 

Nessuno si sorprende più da molto tempo di vedere una ragazza con un paio di pantaloni, mentre un ragazzo in gonna provoca ancora riprovazione. Un uomo, quando sale in sella a una bici bianca senza la stanga o cammina sotto la pioggia con un ombrello rosa, si sente spesso a disagio, sempre se non si è rifiutato prima.

 

Ancora oggi siamo abituati a ritenere che una donna si emancipa, quando intraprende attività o comportamenti che culturalmente associamo agli uomini, perché in un certo senso fa un salto di status. Viceversa, quando un uomo fa qualcosa reputato come femminile, viene percepito come se scendesse di grado.

 

Molte donne che stanno leggendo a questo punto potrebbero pensare che è un problema di uomini insicuri. Ma facciamo un esercizio.

 

Guardate in questa pagina la foto del bambino che si occupa della sua bambola. Immaginate che sia vostro figlio. Siete in mezzo a un parco giochi pieno di gente. Oppure a una riunione di famiglia. Chiedetevi sinceramente quali sentimenti provate.

 

Un bambino gioca con una bambola, dandole un ciuccio.

 

Avete sentito disagio? Timore? Quelle emozioni tradiscono l’interiorizzazione della gerarchia di genere.

 

Educare all’emancipazione in entrambi i sensi

Siamo particolarmente solleciti a incoraggiare le bambine a lanciarsi in “attività da maschi”, ma siamo molto più reticenti, quando si tratta di bambini e “cose da femmine”. Questo porta a una curiosa conseguenza.

 

Mentre le bambine crescono sicure di sé in ogni contesto, i bambini sono più soggetti a timori ogni volta che rischiano di essere associati ad attività dell’altro genere. Un timore che viene accentuato da alcune famiglie.

 

Allo stesso tempo queste bambine emancipate, quando crescono corrono il rischio di trovarsi confrontate con ambienti ancora ostili, perché gli uomini che ne fanno parte non hanno condiviso lo stesso percorso e, anzi, rischiano di percepire le donne come una minaccia.

 

È fondamentale, quindi, che nei genitori per primi ci sia la consapevolezza che quelle attività che ancora reputiamo come femminili, in generale legate a tutto l’ambito della “cura” come giocare con un bambolotto o con una cucina giocattolo, non sono qualcosa di squalificante per un bambino.

 

Se vogliamo davvero una società che vada oltre le gerarchie di genere, dobbiamo accettare un processo di emancipazione che vada in entrambe le direzioni.

Giovedì 25 Novembre 2021Ritorna

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